giovedì, Novembre 21, 2024
Storie dell'altro secolo

Storie dell’altro secolo: Geppetto del Molo

Nella prima metà del secolo scorso uno dei magazzini più importanti di Via del Molo era senza ombra di dubbio la Veleria di Biagio il Velaio. Esperto marinaio, quando si ritirò, grazie alle sue grandi abilità marinaresche, aprì questa rinomata attività dove ad un certo momento si unirono a lavorare per lui fino a 12 donne, tanto era il lavoro commissionato. Il magazzino si trovava accanto ai Cannoni, dove oggi c’è lo Sparkling. Biagio era sposato con Caterina Costanzo, la sorella di Carlo, conosciuto come “Donna Barona”. I due non avevano figli. Fu questo il motivo del loro forte attaccamento verso i nipoti, che erano i figli di Carlo e Maria Castriconi, detta la “Zi Gagana”. Le due famiglie abitavano una accanto all’altra, sul lato destro, salendo, del portone di Via dei Tonni. In poche parole, una volta giunti al Sacro Cuore si svoltava a destra e montando, prima si trovava la casa della Ninona e poi i due appartamenti faccia a faccia di Carlo e Biagio. Carlo e Maria ebbero tre figli: il primogenito Athos, classe 1925, Carla una bellezza alla Valeria Fabrizi, classe 1927, e Silvero classe 1937. Athos, l’unico che non si è sposato, è stato una figura del Molo, fino a un mese fa, quando, a Montepulciano, purtroppo se nè andato per sempre. Carattere a prima vista schivo, ma quando ci parlavi si apriva e potevi entrare nel suo mondo, un mondo fatto di barche, di modellismo, di vigna, di Juve e disco satellitare. Una volta gli chiesi del “prete”, in quanto la storia nasceva proprio sotto casa sua. Mi diceva che erano tutte fandonie messe in giro ad arte dalla Ninona, una signora napoletana. Poi il caso volle che una sera Tonino Loffredo andava su alla Panoramica a fare l’amore, e entrando nel portone vide una figura vestita di nero davanti al Sacro Cuore, e a scapicollo tornò indietro, andando a raccontare il tutto a mezzo paese. Si seppe poi che altro non era che Don Cerutti che si era fermato per una preghiera. I due fratelli erano talmente entrati nella storia che quando il babbo li diceva “Stasera dormimo a bordo che partimo presto”, Silvero rispondeva: “No, io vado a casa, perché voglio vedè il prete”. Entrambi biondi, Athos portava anche dei baffetti che lo facevano sembrare Geppetto. Altri dicevano che sembrava Gino Paoli. Quando i genitori e la zia morirono, Athos viveva solo. Si arrangiava, allo stato brado. Al posto della cintola metteva una sfilazza, ma il vero tocco dell’artista erano i bottoni che si faceva da solo con i manici della scopa. Era felice così. Aveva due passioni: il modellismo e la vigna. Quando il magazzino, prima di venderlo alla Contadina, fu affittato al Pellaccia, lui e Tullio Rosi, stavano in fondo al locale. Pomeriggi interi al tavolino illuminato da una piccola lampadina a fare velieri e navi in bottiglia. Se quando uscivano passava un cane antidroga non l’avrebbero passata di certo liscia. La vigna ce l’aveva sopra la Cacciarella. Una volta mi ci portò pure. Io e lui sul mitico Apetto. Mi ricordo che ad aspettarci c’era Romagnoli il maresciallo, suo confinante. Me li ricordo fare grandi discorsi e Athos che gli consigliava come e quando piantare i ravanelli. Aveva le galline, di cui diceva: “Devono imparà a mangià tutto!” . E per tutto intendeva il pesce che avanzava. Le uova le vendeva a Anna di Lapino che quando le apriva veniva assalita da una tanfata di sardelle. Sardelle che dava anche al cane, il primo, che dopo un po’ morì “arrabbiato”. L’ ultimo cane, quello piccino bianco, si buttò dal balcone. Non si seppe mai il perché. Gli piaceva leggere, ma i giornali non li comprava. Veniva da Giulia e li leggeva li. Poi andava anche ai cassonnetti in piazza. Ricordo che una signora, impietositasi, ogni mattina quelli del giorno prima glieli lasciava sopra il murello. Non è che gli mancassero i soldi, è che gli piaceva così, tanto è vero che gli ultimi anni Tutto Sport se lo comprava e tutto bello pulito se lo andava a leggere seduto ai tavoli di Lapino. E devo dire anche che aveva una certa classe, con gli occhiali inforcati aveva un non so che di intellettuale. Mi ricordo l’ultima volta che ci parlai, gli chiesi: “A chi lo dai il voto Athos?” “Boh! no lo so sa… lo darò a Cacaceci… semo parenti…”. Io gli risposi: “Guarda che pure Pera ti è tanto parente quanto lui…”. Stette un attimo in silenzio, poi disse: “Ciai ragione! Allora ci devo pensà”.

Certo che chi ha vissuto qui non potrà mai dimenticare uno come Athosse, ma i più che hanno vissuto al Molo ormai sono vecchi, o sono andati a stare da un altra parte, ed allora il detto “Chi more more, chi campa campa” è sempre più attuale. Se per uno come Athos non è stata manco messa la mandiera a mezz’asta, vuol dire che il Rione ha perso la sua identità.
“La casa di Geppetto era una stanzina terrena, che pigliava luce da un sottoscala. La mobilia non poteva essere più semplice: una seggiola cattiva, un letto poco buono e un tavolino tutto rovinato. Nella parete di fondo si vedeva un caminetto col fuoco acceso; ma il fuoco c’era dipinta una pentola che bolliva, allegramente e mandava fuori una nuvola di fumo, che pareva fumo davvero…” (Le avventure di Pinocchio – Collodi)

ciao

Una rotonda sul mare il nostro disco che suona