mercoledì, Ottobre 23, 2024
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La “colpa” di stare sotto i riflettori

"A sto paese invece…" Calma, frena. Un pò da tutte le parti avviene. Cosa? Niente, i soliti discorsi fatti di gelosie, rancori e chi più ne ha più ne metta. Beh, in effetti tutto il mondo è paese. Però se ci rifletti un attimino, mica tanto. Perchè se esci da Cachino vai in paesotti dove la sagretta di turno coinvolge tutti, sagretta pro-società di calcio o pro-avis e così via. Torni con la mente alla nostra realtà

e ti accorgi che le cose qui non cambieranno mai. Molti si riempiono la bocca con verbi tipo "l'educare", il "far  capire". Forse non vi siete accorti che qui la gente non vuol essere ne educata ne capita. Quello che si prova all'Argentario quando Tizio si mette la fascia, Caio sale sul palco e Sempronio allestisce un bancarello in piazza, è di una sola natura: LA GELOSIA. Una piccola fetta dei santostefanesi (ma piccolissima, eh) ogni anno si prende la briga di perdere tempo con il Palio, con le società sportive, con la parrocchia, con le associazioni tipo Confraternita o Unitalsi. Poca gente, perchè le facce che hanno voglia di spaccarsi la schiena sono sempre le solite. Puntualmente questi personaggi vengono subito additati e vengono messe in giro le voci più disparate, perchè la GELOSIA è una brutta bestia. "Hai visto a cosa? E' entrata li perchè dice che se la fa cò coso" "Hai visto a cosetto? So anni che è dentro quel consiglio, perchè si mette i soldi in tasca""E coso li, come si chiama? Il Comune l'ha sempre dato il lavoro e lui deve per forza da una mano". A certa gente non viene minimamente il pensiero che ognuno di noi è fatto a modo suo e che ha avuto le proprie esperienze. Se per i vagabondi alzare un dito è di uno sforzo disumano, per altri è vero e puro divertimento. Nella vita si hanno tanti ricordi: il babbo ex capitano, lo zio che vogava con quel rione, sfilate particolari che sono rimaste nella memoria per il coinvolgimento che ci hanno lasciato. Quindi è naturale che crescendo certe cose sono diventate aspetti primari. Momenti a cui dedicarsi per evadere dalla routine di tutti i giorni. Quindi col tempo diventiamo Capitani, Presidenti, madrine, sindaci, assessori, ecc. Ora la cosa è semplice: il posto che si occupa lo rubiamo a qualcuno? C'è la fila di fronte a certe scelte? Eppure siamo stati testimoni di assemblee rionali deserte. Ma alla fine non mancano mai quelli che all'ultimo momento vengono e vogliono comandare, dopo essere stati assenti per mesi e mesi, se non anni. E come mai lo fanno? Semplice; la GELOSIA di vedere uno in quel posto. Non perchè quell'uno sta occupando un posto che spetta ad un altro. No, sta solo occupando quel posto, lui è li, e lui mi sta sul cazzo! Ecco il ragionamento bello e buono. Ma magari quell'uno non ha famiglia, ha tempo da dedicare alla causa, ci rimette pure soldi. No, mi sta sul cazzo. E va beh. Cosa bisogna fare? Educare questi personaggi? I cavalli si educano, i cani. Le persone così no. Ed allora non solo la Pilarella ha i suoi cazzi da pelare. Anche la Fortezza vittoriosa ha più contatti polemici sul forum ora da vincente dopo due coppe d'oro che prima da comuni mortali. Credo che non ci sia un rimedio a tutto ciò. Ed ora capisco perchè tanti si sono levati dal mondo Palio, per fare un esempio, e non ne vogliono più sapere.

POCHI A COMANDARE, IL RESTO SI DEVE ADEGUARE

Perchè il resto non ha le possibilità di comandare, ma daltronde non sa riconoscere nemmeno i propri limiti. Questa sarebbe la soluzione migliore, ma improponibile. Se la fai, rimani solo come noi della Pilarella anni addietro. E piano piano se ne stanno accorgendo tutti. Anche se fai tutto bene al 100% per il bene comune, devi, comunque vada, leccare il culo a tutti ma proprio tutti. Quante volte è capitato di fare cose perchè te le impongono di fare. "Quello ci tiene se lo chiami". Ma se quello venisse, qualche volta, lo si manderebbe via? Ma quando mai! Ma a sto paese devi essere leccato, perchè se non sei leccato decentemente e costantemente ti metto il bastone tra le ruote. Che paese di merda. E qui chiudo il mio sfogo.

Paco Llorente