lunedì, Novembre 25, 2024
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L’identità rionale come necessità

Sulla carta, pilarellai si nasce, non si diventa. Poi però vedi tanti forestieri che passano sin da piccoli l'estate all'Argentario e tengono nel loro cuore il rione molto più rispetto a chi c'è nato e "snobba" il palio tutto l'anno, se non gli ultimi giorni della festa. Tanto per fare un esempio, la famiglia Sacconi da Prato. Lorenzo, il più grande, è il classico residente altrove (quindi non potrebbe neanche fare il palio, no?) che ci mette un minuto a buttarsi nella santostefanesità più pura.

Sin da piccolo in sfilata, coetaneo di amici del Moletto che avevano fratelli o genitori  nel direttivo pilarellaio, sempre li allo scalo al rientro dei ragazzi dall'allenamento. E come lui molti altri, che se anche in maniera più distaccata, non fanno mancare il supporto a quel rione oramai nel loro DNA. Simil situazione, di attaccamento profondo ma diverso dall'ordinario che viviamo in paese, è causato dalle distanze. La lontananza alterna lo stato d'animo. I ricordi vengono concentrati in quegli 11 mesi lontani dal palio, per poi essere sprigionati nel periodo che conta. Chiedetelo a chi studia o lavora fuori. Per loro è ancora peggio. Spesso però chi vive la santostefanesità 365 giorni all'anno non si rende conto di ciò che ha di fronte. Sono troppi quelli che vivono il palio in una maniera alquanto distaccata. Non manca nel corso della propria esistenza di trovarsi in situazioni dove il rione è molto vicino. Basta un amico che fa il Palio, o perchè ti hanno trascinato all'interno del direttivo o chissà per quale occasione. Se facessimo però una valutazione obbiettiva di ognuno di noi, ci accorgeremo che ci sono dei buchi, anni in cui per un verso o per un altro abbiamo vissuto un certo distacco dai nostri colori del cuore. Da cosa dipende tutto cio? Forse il non essere abituati, il non sentirsi moralmente obbligati. Un legame che c'è ma che vive di alti e bassi. Tutto nasce da un identità rionale che spesso non è fatta di soli uomini e situazioni. Si, ci sono quei personaggi che trascinano e quei momenti di aggregazione che non se ne può fare a meno. Ma non basta. Non basta, perchè dovrebbe nascere tutto a prescindere da chi c'è o da chi non c'è, da cosa viene o non viene organizzato. E un ruolo importante in questo ce l'ha la sede rionale. Quest'anno per noi è importante su questo argomento. Sarà il primo anno dove saremo soli, gli unici a non avere ancora un punto di aggregazione. E sappiate che rimarremo soli anche nella campagna di sensibilizzazione nei confronti dell'opinione pubblica, specialemnte dopo il palio di quest'anno. Ma il consiglio direttivo, dopo importantissimi traguardi che ci hanno permesso di resettare 12 anni di sconfitte, grazie al battello d'allenamento e all'equipaggio vincente, dovrà cercare di fare di tutto per dare un identità rionale che manca. I discorsi fatti da due mesi a questa parte vanno verso quella direzione e crediamo che nei prossimi mesi la situazione si sbocchi. Perchè la sede? Perchè in tutte le famiglie che si rispettino c'è bisogno di una casa. Poi tutto viene da se. Saremo così pronti nel poter creare il "rionale tipo". Una sorta di prodotto ingegneristico di laboratorio capace di "non mollare mai". Ora la cosa può sembrare pazzoide e in contrasto con quello precedentemente detto, ma certi valori è bene crearli a tavolino, come del resto si crea l'educazione di un bimbo che andrà ad affrontare le avventure che la vita gli riserverà. Per fare ciò, come detto, avremo bisogno di una sede. Due appuntamenti però diventeranno routine e soprattutto forgeranno i pilarellai del futuro. Quali?

  • Il Battesimo Rionale. Senza ombra di dubbio dividerà i buoni dai cattivi, i giusti dai peccatori. Abbiamo una fonte, l'unica rappresentata tra gli stemmi rionali. Ricevere il battesimo con l'acqua della Pilarella scioglierebbe qualsiasi dubbio. "Neno Orsini è del Valle… No è della Pilarella". Neno Orsini se vuole essere pilarellaio si battezzerà (tanto per fare un esempio attuale). Andrà incontro ad un rituale che lo legherà per sempre ai nostri colori. Tutti avremo un ricordo di questa vestizione. Ma più che un ricordo sarà un nodo con la nostra anima.


  • La Colonia Rionale. C'è molta "senesità" in questo, ma è inevitabile. Non s'inventa niente a questo mondo. E non lo inventeremo di certo all'Argentario. Le novità però sono attorno a noi, basta coglierle. E' automatico che un bimbo di 10 anni venga in sfilata con i più grandi da solo. Dopo una gavetta fatta di passeggino, in collo a mamma, per la mano con babbo, arriva il momento del nulla osta. E andare nel casino della sfilata con i grandi è uno dei primi obbiettivi della vita rionale. La Colonia permetterebbe un maggior coinvolgimento. Forgerebbe i giovani non così a casaccio a seconda degli umori familiari. Come funzionerebbe la colonia? Semplice: dai primi di agosto un gruppo di ragazze pilarellaie prenderebbe in consegna i bimbi dalle 10 di mattina alle 18 di pomeriggio. Questo intanto permetterebbe ai genitori di rimanere un pò più liberi durante il giorno. Allo stesso tempo i nostri "pischell" andranno al mare tutti insieme, faranno amicizia, impareranno a cantare le canzoni della nostra tradizione, inizieranno a fare i primi cordini o le prime coccarde, incontreranno gli anziani che gli racconteranno storie di palio e di paese, conosceranno l'equipaggio che difenderà i loro colori. Immaginatevi 10 giorni all'anno full immersion di Pilarella dai 4-5 anni di età ai 10. Verrebbero fuori dei rionali di ultima generazione. Distratti da tutto ciò che la vita gli propone nel 2010, noi cercheremo di focalizzare la loro attenzione su un patrimonio che non dobbiamo disperdere.
Ricordiamoci però che tutto parte da una sede rionale. E dalla voglia di andare in questa direzione.
 
La redazione