sabato, Novembre 23, 2024
Storie dell'altro secolo

Storie dell’altro secolo: Gli Ebrei (2ªparte)

2ªparte – Ritornando al campetto di calcio, soltanto d’estate era accessibile a tutti in quanto i ragazzi della colonia organizzavano dei tornei, solitamente a 4 squadre, loro, noi dell’AC Pilarella, il Lividonia, e la quarta che variava, o Fortezza o Croce. Non ricordo il Valle. Nella nostra ignoranza all’inizio credevamo che i bambini della colonia erano stranieri e per noi quelli erano come dei tornei internazionali. Ricordo che entravamo in campo come le squadre serie, in fila, con l’arbitro e i gagliardetti. Poi le ragazzine che facevano un tifo infernale per loro. Che vincevano sempre. Il più bravo era Benedetto detto “Lupone”, una specie di Pelè olivastro. Faceva di tutto. Molto abile con il pallone e grande azzuffatore anche se finiva sempre con un abbraccio. E poi ricordo il portiere, piccolino, ricciolo e con gli occhiali. Usciva sulle gambe, ma quando avevano un rigore contro, Lupone andava lui in porta. Con prepotenza. Tante volte, diventati grandi, a Roma ho incontrato alcuni di quei bambini. Anche Lupone. Ci siamo sempre salutati ricordando quegli anni spensierati. Negli anni sessanta gli Ebrei sono stati la prima sede dell istituto Nautico. Si frequentavano li i primi anni per poi dare gli esami a Livorno. E dopo anche le medie ebbero li la loro sede. Personaggi mitologici come il Preside Moretti, Frangini, la Torcolini, Andrea Scotto e il professore di Applicazione Tecnica Detti, chiamato “Grattapalle”. Stava sempre con una sigaretta in mano e l’altra in tasca a ravanare. D’inverno l’unici che potevano giocare al campetto erano Gianni Agonia e la sua banda. Gianni ci sapeva fare e si arruffianava a Giorgio aiutandolo nei lavoretti di routine. Con lui giocavano quelli del Pianetto, Amedeo Scaratti, Emilio Bullone, Luciano Cicerchia, Pasqualino che stava dalla zia Petra, Rodolfo Cardello. I ragazzi della colonia vennero fino alla fine degli anni sessanta, poi iniziò un altra storia. Quella dei ragazzi del Kronos 1999. A cavallo fra gli anni ’70 e ’80, visto l’incrementare degli incendi, il sindaco Susanna Agnelli decise di rivolgersi ad un associazione antincendi chiamata Kronos 1999. Perché 1999? Perché quella era la data nella quale secondo gli scienziati, se non si fosse posto un freno all’aggressione della natura, sarebbe iniziata la cosidetta fase irreversibile che avrebbe portato l’umanità entro un secolo verso l’ecocatastrofe. Erano 40 ragazzi a cui il Comune dette da soggiornare nella Casa degli Ebrei. Giovani frikkettoni, figli di quel 1977 che avrebbe dato una scossa all’Italia intera. Non si integrarono mai con il resto della popolazione facevano vita a parte. Le ragazze, seppur belle, si mortificavano in vestiti che rinnegavano le loro forme. Ricordo quando costruirono lo stradino di cemento sotto l’Enem, le ragazze dell’antincendio, come le chiamavamo, furono le prime ad usarlo per sdraiarsi a prendere il sole, in seguito emulate dai turisti randagi e paesani. Erano gli anni dei Leoni del Moletto, che ci provavano con le ragazze, ma non c’era verso. Solo uno ci riuscì, Lischetta, che, estenuante, rimorchiò e concluse con una rossa sembolusa, ma con fisico da sballo. La sorveglianza ai boschi avveniva nei posti strategici ed iniziava alle ore 9 di mattina per finire alle sette di sera. Partivano dagli Ebrei sulle jeep, attraversavano il Molo con la sirena in funzione, portandosi dietro i moccoli della gente seduta da Giulia e da Chiodo. C’era pure chi diceva che davano fuoco da soli per poi dare l’allarme per giustificare il soggiorno all’Argentario. I ragazzi dovevano fare solo le vedette ed avvistare gli incendi e gli eventuali piromani. Ricordo che una volta trovarono il povero Angiolino il Pettinaro all’Argentiera che fumava una sigaretta. Gli fecero un rullo e lo consegnarono alla forestale. Ma la maggior parte del tempo lo passavano a farsi gli spinelli e a fare l’amore. A fine Agosto quando lasciavano la casa degli Ebrei il comune mandava un operaio a fare le pulizie. Sempre il solito, Enzino il Ceraio, che si offriva volontario, nella speranza di trovare sotto le brande soldi, braccialetti e collanine, ma trovava solo preservativi, pezze di…, e scottex appiccicosi. Di solito i ragazzi cambiavano tutti gli anni. Uno solo venne sempre. Si chiamava Pesce e veniva da Genova. Era il solo conosciuto dai ragazzi che frequentavano la Caletta e il Moletto. Era basso, grassottello, occhiali da vista, cappelletto con visiera delle brigate rossoblù. Era simpatico. Un pomeriggio dell’ ultimo anno che vennero quelli dell’antincendio, quando l’estate stava ormai finendo, Pesce arrivò al puntone della Caletta. Scambiò velocemente due chiacchere con Marcello Tinozza e Cachino che stavano facendo cazzeggio. Poi prese la rincorsa e fece una lunga come aveva visto fare tante volte ai suoi amici. Riassommando dette due scomposte bracciate e di colpo rimase fermo. Immobile. Passarono due e tre secondi. Cachino e Tinozza si guardarono. Capirono tutto e si buttarono. Marcello prese sotto la gola Pesce e lo trascino alla spiaggetta. Due colpi sul petto. Li tiro’ fuori la lingua. Respirazione a bocca a bocca. Niente. Arrivò Michele, agli inizi, che non potè che costatarne la morte. Fu quello l’ultimo atto dei ragazzi dell’antincendio e a ripensarci ora anche della Casa degli Ebrei. Dopo solo abbandono. Vetri rotti, persiane divelte, l’erba del campetto è talmente alta che se ci casco dentro mi copre tutto. E poi gatti selvatici che si litigano il mangiare che tutti i giorni li porta Mechina. Io credo che solo in questo paese possa accadere che un posto così bello e carico di storia sia lasciato a totale abbandono. Non so di chi sia la colpa, ma se qualcuno può, la prego, faccia qualcosa.

Alla sera vedo donne bellissime
da Venezia arrivare fin qua
e salire le scale e frusciare
come mazzi di rose
Il profumo rimane nell’aria
quando la porta si chiude
ed allora le immagino nude a aspettare.
Sono attrici scappate da Roma
o cantanti non ancora famose
che si fermano per una notte
o per una stagione
al mattino non hanno pudore
quando scendono a colazione
puoi sentirle cantare…

(Il cuoco di Salò – Francesco De Gregori)

ciao

Una rotonda sul mare il nostro disco che suona