Dal Molo a Las Vegas: Storia di grandi chef
Eravamo “bimbetti”, quando l’eccitamento delle vacanze, vuoi estive, di Pasqua o di Natale ti prendeva. Il solo pensiero di non andare a scuola e poter giocare a Pallone ai giardinetti ti mandava al settimo cielo. Per me come per tanti altri ricordo anche che i momenti di ingarizia raggiungevano il top quando c’era pasquetta, primo maggio e, naturalmente il 16 d’agosto.
Trepida l’attesa delle famiglia nei giorni addietro seguendo il colonnello Bernacca e sperando ci dasse una bella giornata di sole, per poter andare alla vigna!
Per noi Santostefanesi la vigna e le vignate si sà, hanno sempre avuto molti significati. Si potrebbe parlare all’infinito di vignate, ma qui si parla di Cucina e cucinato, di pilarellai e capannuglio, di bindoli e stradini, di tutto quello che siamo e che eravamo, e che, per I pilarellaietti di ora, è stato portato via da PC, Ipod e playstation…
Comunque di tante vignate “solenni”, una delle più famose e pilarellaie era la vigna di Lardò, dove 3 volte all’anno ogni anno fino a che zi’ Vincenzo ce l’ha fatta, si riunivano I De Pirri, I Terramoccia, I Costanzi, I Loffredi, praticamente mezzo molo, dal numero 28 (il portone di nonna Elda) al numero 42 (la Veleria).
Io mi ricordo andavo prima co la mì mamma, e la mattina già vedevamo gente tutta indaffarata a preparare il pranzo. Ognuno portava qualcosa, dall’antipasto al dolce, poi vedevi arrivare cassette di cardaro, di sardelle, di mazzamella….
Tutto andava nella casetta e nelle mani dello Chef, all’epoca Nino Costanzo, detto “spalletta”, dove a quella vigna, con Lardò e Terramoccia, formavano il “trio”.
Tra pentole e pentoloni Zi’Nino era sempre alle prese di solito con il cardaro (co' la “r”, sennò non è la ricetta santostefanese), e il sugo di pesce. Mi ricordo da “bimbetto” che tutti aspettavano il momento di poter mangiare il cucinato di Nino. Dico da bimbetto, perché da bimbetti pensavamo sempre a corre e a giocà.
Però era l’atmosfera, la lunga tavolata che partiva da dentro la casetta ‘nfino alla fine del pergolato, e si ingrandiva nel pomeriggio quando assommavano gli amici e quelli che magari la mattina lavoravano, però come dice la canzone, “se da mezzogiornoli spunta un’altro caballero, c’è sempre pane, olio, pomodoro e un po’ di schiaccia…”
E lì anche noi si fermavamo sotto la pergola, quando Publio prendeva la chitarra e il “trio” dava spettacolo, e, oltre alle canzoni di Publio, sempre acclamato era “il ciondolo d’oro” di Lardo’, con il famoso “colpo di gomito” sul tavolino……
Ora mi viene da fornire la ricetta, che per questo appuntamento è appunto il cardaro. Ora come la maggior parte di noi sa, il cardaro è il piatto della tradizione peschereccia, e più che santostefanese, lo chiamerei “Pilarellaio”, anche perché a suo tempo la flotta peschereccia era ormeggiata alla Pilarella ed era là che si svolgeva la vita marinara. Il cardaro è quello che il pescatore portava a casa, il pesce che non era uso finire alla vendita e sulle tavole dei ricchi. Era quello che rimaneva: lo scorfanetto, le spernocchie, il gronco, il porpetto, che unito ai pochi prodotti che gli orticelli della “montagna” offrivano, e del pane vecchio (ricordamisi che il pane Allora si faceva una volta alla settimana), davan vita al Cardaro, uno dei piatto più saporiti della nostra cultura.
Certo la ricetta dello Chef Nino non me la posso ricordà, sono però sicuro che cambiava ogni volta, come è giusto che sia il cardaro. Vi dò comunque una mia versione:
Ingredienti per 6 persone:
1 kg e mezzo di pesce da zuppa (scorfano, pesce prete, pesce boldrò, tracina, san pietro, gronco, murena, ‘nsomma quello che c’è…)
12 spernocchie
300 gr di porpi
300 gr di seppie
200 gr di lampatelle (nel cardaro piu’ tradizionale)
1 bella cipolla bianca
1 peperoncino
3-4 spicchi d’aglio
1 bicchiere di vino bianco
2 bicchieri d’acqua
2 patate
Sale
Prezzemolo tritato
12 fette di pane raffermo
Si proceda a pulire il pesce, squamarlo, eviscerarlo e lavarlo. Tagliare il polpo e le seppie a pezzi e tagliare le patate a quadri.
Nel cardaro, o in una capiente pentole, Meglio se di terracotta, unire la cipolla tritata finemente con l’aglio e l’olio. Far soffriggere fino a che la cipolla sia ben dorata. Aggiungere I polpi e le seppie. Far cucinare bene. Quando l’acqua è evaporata e il pesce comincia ad attaccarsi, sfumare con il vino. Aggiungere il pomodoro e l’acqua. Portare ad ebollizione e aggiungere i pesci, cucinandoli il tempo che serve (dipende dalla grandezza dei pezzi). Aggiungere acqua se serve. Togliere I pesci e tenerli in un vassoio al caldo. Aggiungere le patate e cuocere per 10 minuti. Porzionare patate, polpi e seppie nei piatti sul pane. Versare il brodo sul pesce e servire.
Buon Appetito e Forza Pilarella
Eccoci insieme ci siamo ritrovati
Splendide dame e prodi cavalieri
Stradini tutti, tutti bindoleri
E tutti a truscio alla vigna di lardò
Se non ci và di lima, di raspa ci deve andà
Spalletta e Terramoccia cominciano a cantà
Zerri e zerretti, fichi brugiotti, calamaretti, e cappellotti
Pure ‘na sarpa a battiscarpa, vivo e vinella, del brusalin
Renato De Pirro
Nella foto Renato e Heather, vincitrice dell'Hell's Kitchen. La giovane chef è stata sua allieva per un anno.