La Coppietta
Carlo e Giuseppe Loffredo, figli di zi’ Lello e Artemia Schiano, nacquero nel palazzo di Giulia il 18 febbraio 1935. Erano gemelli e la loro somiglianza era impressionante, tanto che i genitori stentavano a riconoscerli, se non per una cicatrice che Carlo aveva sulla fronte.
Dopo aver trascorso un’infanzia felice ma non priva di difficoltà a causa della guerra, sfollati alla Cacciarella, dove avevano fatto amicizia con i soldati alleati, frequentarono la scuola elementare con il maestro Montecchi e durante le gite aiutavano i compagni diversamente abili, caricandoseli sulle spalle. Successivamente si diplomarono all’ENEM con il grado di padroni marittimi.
Dopo la guerra si distinsero nella società sportiva Argentario, diretta da “Lavaggi”, tanto che la condussero alle soglie della serie A. Erano degli atleti poliedrici: eccellevano nel nuoto, nella box, nel calcio, nel canottaggio, nella pallanuoto. La S. S. Lazio voleva tesserarli trovando loro anche il lavoro. Per la loro peculiarità di gemelli il prof. Vincenti, allora capitano della Croce dell’Istituto Mendel di Roma, fece uno studio, pubblicato sulla rivista di medicina sportiva del febbraio 1959: “Valutazione genetistica di una coppia di gemelli monozigotici vogatori”. Eccellente era il loro recupero dopo lo sforzo testato dal prof. Cortesini, come la resistenza all’apnea di tre minuti effettuata a tutti gli equipaggi del palio da parte del dott. La Cava. In campo nazionale Carlo vinse a soli 17 anni il titolo italiano dei 100 metri dorso, categoria juniores, mentre Peppe si classificò quinto nella specialità rana.
La loro prima apparizione nel palio fu nel 1954 , meno che ventenni, tanto che alla sfilata qualcuno sussurrò: – Ma dove vanno ’sti mocciosi! –. I “mocciosi” vinsero insieme a un altro ragazzino, Mario Costaglione.
Personalmente quel palio ci è rimasto in mente con Nino al timone che arringava i vogatori. Ricordo che sbarcarono al molo sotto la casa dove Nino viveva con la moglie Zilia. Nel ’55 prestarono servizio militare come marinai aggregati in aviazione presso l’idroscalo di Vigna di Valle sul lago di Bracciano. Singolare fu il loro arrivo in paese. – Eccoli, so’ arrivati ’sti mostri, – e con soli sette giorni di allenamento i mostri vinsero alla grande. Così fu nel ’56 con un discreto distacco dagli altri equipaggi. Saltarono poi il palio del ’58 e si presentarono alla partenza del palio del ’59. All’inizio l’armo era costituito da tutti i Loffredo: Vittorio, Carlo, Peppe, Elio e Mario, che fu sostituito per le piaghe alle mani da Costanzo Pietro a dieci giorni dalla gara. Durante la sfilata dei carri il rione Croce si presentò con una botte e con la scritta DDT per i “muscini”, ma il potente insetticida non bastò a fermare il battello, tanto che l’imbarcazione della giuria intimò all’armo di vogare più piano perché la “stracciata” era troppo evidente. Registrarono un tempo eccezionale di 22’50’’.
Carlo e Peppe fecero l’ultimo palio con la Croce e persero perché il timoniere non vedeva il gavitello alle girate. C’è da dire che le loro notevoli potenzialità non vennero mai espresse del tutto, in quanto il fatto di essere imbarcati sui mercantili non permise loro di potersi dedicare appieno agli allenamenti per il palio. Inoltre Carlo morì prematuramente la notte del 3 febbraio del 1961 a causa dell’affondamento della nave su cui era imbarcato. Io lo appresi di ritorno dalle vacanze pasquali, perché mia zia mi mostrò l’articolo di giornale con la triste notizia. Ma come! Lui, grande nuotatore! Rimasi di stucco. Nella tragedia perirono 11 membri dell'equipaggio: l’anziano comandante Domenico Tortora, Carlo Coccoluto e Natalino Campidonico. La tragedia presenta dei lati oscuri, in quanto la nave De Vilhena, battente bandiera maltese, salpata dal porto di La Nouvelle, doveva portare a Pescara un carico di grano il cui destinatario risultò sconosciuto. Si dice che forse abbia fatto uno scalo intermedio nel porto di Tolone. (Ricordiamo che erano i tempi della lotta per la liberazione dell’Algeria con conseguenti sanguinosi attentati in Francia). Prima del luttuoso evento il gemello Peppe e l’altro fratello Elio
fecero un sogno premonitore in cui Carlo chiedeva aiuto e anche il decano della Pilarella Osvaldo “Consumi” sognò che quella nave stava affondando.
Alle ore 3:30 durante una forte tempesta al largo di Capo Corso il marconista segnalò dal De Vilhena: latitudine 43°, longitudine 11° e poi tre linee, tre punti, tre linee…
La loro prima apparizione nel palio fu nel 1954 , meno che ventenni, tanto che alla sfilata qualcuno sussurrò: – Ma dove vanno ’sti mocciosi! –. I “mocciosi” vinsero insieme a un altro ragazzino, Mario Costaglione.
Personalmente quel palio ci è rimasto in mente con Nino al timone che arringava i vogatori. Ricordo che sbarcarono al molo sotto la casa dove Nino viveva con la moglie Zilia. Nel ’55 prestarono servizio militare come marinai aggregati in aviazione presso l’idroscalo di Vigna di Valle sul lago di Bracciano. Singolare fu il loro arrivo in paese. – Eccoli, so’ arrivati ’sti mostri, – e con soli sette giorni di allenamento i mostri vinsero alla grande. Così fu nel ’56 con un discreto distacco dagli altri equipaggi. Saltarono poi il palio del ’58 e si presentarono alla partenza del palio del ’59. All’inizio l’armo era costituito da tutti i Loffredo: Vittorio, Carlo, Peppe, Elio e Mario, che fu sostituito per le piaghe alle mani da Costanzo Pietro a dieci giorni dalla gara. Durante la sfilata dei carri il rione Croce si presentò con una botte e con la scritta DDT per i “muscini”, ma il potente insetticida non bastò a fermare il battello, tanto che l’imbarcazione della giuria intimò all’armo di vogare più piano perché la “stracciata” era troppo evidente. Registrarono un tempo eccezionale di 22’50’’.
Carlo e Peppe fecero l’ultimo palio con la Croce e persero perché il timoniere non vedeva il gavitello alle girate. C’è da dire che le loro notevoli potenzialità non vennero mai espresse del tutto, in quanto il fatto di essere imbarcati sui mercantili non permise loro di potersi dedicare appieno agli allenamenti per il palio. Inoltre Carlo morì prematuramente la notte del 3 febbraio del 1961 a causa dell’affondamento della nave su cui era imbarcato. Io lo appresi di ritorno dalle vacanze pasquali, perché mia zia mi mostrò l’articolo di giornale con la triste notizia. Ma come! Lui, grande nuotatore! Rimasi di stucco. Nella tragedia perirono 11 membri dell'equipaggio: l’anziano comandante Domenico Tortora, Carlo Coccoluto e Natalino Campidonico. La tragedia presenta dei lati oscuri, in quanto la nave De Vilhena, battente bandiera maltese, salpata dal porto di La Nouvelle, doveva portare a Pescara un carico di grano il cui destinatario risultò sconosciuto. Si dice che forse abbia fatto uno scalo intermedio nel porto di Tolone. (Ricordiamo che erano i tempi della lotta per la liberazione dell’Algeria con conseguenti sanguinosi attentati in Francia). Prima del luttuoso evento il gemello Peppe e l’altro fratello Elio
fecero un sogno premonitore in cui Carlo chiedeva aiuto e anche il decano della Pilarella Osvaldo “Consumi” sognò che quella nave stava affondando.
Alle ore 3:30 durante una forte tempesta al largo di Capo Corso il marconista segnalò dal De Vilhena: latitudine 43°, longitudine 11° e poi tre linee, tre punti, tre linee…
tratto da "Pirarellai" di Riccardo Manzoni