Gocce di memoria
“Con Carlo e Affrico andammo al trasporto di Tiopisto, loro insegnante di disegno, quando frequentavano le scuole Enem. Aspettammo il carro funebre che arrivava da Orbetello. Dopo la Messa di suffragio, accompagnammo il feretro al cimitero del Campone : fu l'ultima volta che lo vidimo…”
“Ricordando la storia di Carlo mi vengono ancora i brividi… Lo vedevo sempre nuotare, fare ginnastica, partecipare al Palio. Insieme al gemello Peppe mi sembrava un Nembo Kid (odierno Superman). Nel mio immaginario mi pareva impossibile che la morte lo potesse colpire; ero dell'idea che neanche una corazzata lo avrebbe affondato. Quando i gemelli passarono alla Croce li ebbi accanto alla sfilata. Li vedevo come dei fratelli maggiori. Il loro sguardo, la loro fisicità,il modo di camminare mi facevano presagire che avremmo vinto. Nembo Kid non poteva morire, ma quando seppi della sua morte capii la vulnerabilità dell'essere umano.
Sfogliando i vari libri e rivedendo le immagini che lo ritraggono, mi riviene in mente tutta l'energia che emanava dal suo corpo…”
Gualtiero Della Monaca (Storico):
“Era il tempo delle grandi pescate lungo il Molo, “chi incrocia schianta”, blocchi di pastette a tutta randa, “cecarelle” alle guarracine. Gigetto e Marco di Elvira si cimentavano in arditi tuffi dalle paranze : uno nero come un tizzone, l’altro latteo di carnagione. Quando si tuffavano sembravano le maglie della Juventus. Ricordo il motoscafo di Nestore e i vari giretti di “mafia” con Carlo e Peppe e le belle di turno. Quando Carlo morì, tanti si radunarono davanti a “Lavaggi”, increduli …”
“Ricordo le sfide per prendere il fondo alla boa dove attraccava il vaporino per il Giglio: sempre sorridenti e scherzosi, ben messi fisicamente, pieni di forza e gagliardia. Capo Corso, dove Carlo morì, è un brutto posto, lì si scatenano bufere che provengono dal Golfo del Leone, tanto da essere assimilate a uragani. Rimasi strettamente legato al rione anche quando i due fratelli passarono alla Croce. Ricordando quei tempi e pensando alla globalizzazione odierna, mi sembra che ci troviamo di fronte a una crisi di identità: viene meno l’amicizia, proprio quella che tra noi ragazzi del Molo non è venuta mai meno. Abbiamo importato questo “cavolo” di modello americano…”
“Ghigo” Enrico Tortora (putto sul Carro dell' Uva):
“Passammo l’ultimo dell’anno del 60 percorrendo di corsa “la scala santa” cantando l’inno dei sommergibilisti. Arrivati al bar di “Marchino” Carlo fece a braccio di ferro con Nino “ Zanna”. Una volta vinceva Carlo facendo leva con il polso, un'altra vinceva quest’ultimo, dal momento che aveva un braccio molto lungo. Il passaggio alla Croce fu dovuto anche a zizzania creata ad arte e in quella gara Carlo all’arrivo esclamò : ”Non ho mai vogato così tanto!”. Infatti era l’anno della “cellulosa”, quando nel 1958 il Valle alterò lo scafo.
“Erano i tempi dei grandi campioni della pista, da Maspes a Gaiardoni e anche dei francesi e in onore di uno di loro lo chiamavo affettuosamente “Godriò”. Erano anche i tempi in cui “Lavaggi” organizzava il miglio marino, successivamente denominato “Coppa Fioravanti”, alla quale partecipavano diversi nuotatori, da Netto fratello di Carlo, a Galletti, a Carena e allo ìugoslavo campione europeo, Branco Zizzeck. Nei campionati dei primi anni cinquanta la Rari Nantes Argentario era guidata da “Lavaggi” e Carlo fu campione allievi nel dorso.
“Ero imbarcato sull’Entella II, un veliero trasformato in panfilo del conte Bonifazio della Rocca di Soragna, con Carlo, Uccio e Ottorino. A Lerici buttavamo i tramagli e a fatica gli tenevo testa ai remi.
Sbarcammo il 14 agosto di mattina e senza allenamento lo vidi sul guzzo della Croce. Mi disse: “Sai, ho provato…”
Dovevo imbarcarmi come motorista anch’io sul De Vilhena ma non accettai, perché dovevo fare il tirocinio sulla macchina alternativa a vapore…
Sergio Roselli (1000 palleggi):
“Ero piccolo quando avvenne la sua morte. Vedevo il Palio dalle macerie sopra il bar di Giulia: vincevano vogando con una mano sola!”
Publio De Pirro (Velaio):
“Facevano dei tuffi dal Siluripedio e “assommavano” allo “Stronzo d’Orlando”, play boy con le romane. Per le sfilate del 15 di agosto, mi prendeva per mano Pietrone “Patatucco”, che orgogliosamente portava in sfilata il suo palio e a quel tempo vincevamo a mani basse…”
Domenico Busonero (Bombolaio):
“Nuotavano (e non solo) molto bene. Dopo il passaggio alla Croce, scrissero una lettera al “mi” babbo, allora capitano, rammaricandosi di questo cambio di casacca. Forse i dirigenti non seppero comporre dei dissidi che avrebbero portato altro che a quattro vittorie…!!!”
Carlo Schiano (Comandante Superiore di Lungo Corso):
“Oltre che atleta, insieme al fratello, era un rubacuori. Ricordo le gare di nuoto al Moletto e la loro fidanzatina che ora tifava per l’uno ora tifava per l’altro. Mio nonno “Cacaceci “ fece loro da compare alla prima comunione. Quando passarono alla Croce, nonostante li adorassi come atleti, tifai Pilarella…”
“Grande ragazzo, parlava con tutti. Mi viene in mente un palio in cui sotto le maglie blu i due fratelli indossavano una canottiera con i colori del rione e sopra una semplice spilletta con il nastrino blu, bianco e rosso..Alla sfilata gridavamo: “E per Peppe e per Toretto e per Carlo e per… e per i 4 moschettieri :ippe ,ippe, urrà…!!!”
“Ero al primo imbarco sulla Giovanna De Pirro dell’ “Acciughino”. In quel febbraio, a causa del mal tempo, ci rifugiammo a Porto Vecchio e per radio “assistemmo” alla tragedia…”
“Quando uscivo dall’archetto di via dei Tonni, mi buttavano a mare e se non “assommavo” si gettavano in acqua: così imparai a nuotare. Appresi della sua morte dalla televisione,al bar nel Piazzale dei Rioni…”
Luciano Giovani (Cicche):
“Portami questa lettera alla mia morosa e ti regalo cento lire” “L’hai consegnata ?” “ Sì, l’ha presa..”e sorrise !” Al Blocco del Moletto, lui e Peppe con un “un, due e tre” mi facevano volare in acqua: “ figli di ..”. Incontrai un giorno Artemia (la mamma) che mi disse:” Mi hai chiamata…?” “No! E’ che quando ero per l’aria ci tenevo paura”. Come due delfini si immergevano a dritta e a manca da poppa a prua del vaporino del Giglio …”
“Ero imbarcato con Carlo sull’Estella. Dopo lo sbarco Carlo mi chiamò sul De Vilhena. La mi mamma mi cercò invano, ero per le “poste” fuori il monte…”
“Carlo venne al Pianetto perché voleva che mio fratello, che in quel momento si trovava a bordo del Montecresto, si imbarcasse con lui. Era una giornata di pioggia e lui indossava un impermeabile bianco; aveva anche l'ombrello che non gli si aprì perché si era rotto, allora mia madre gli si rivolse dicendo: ”Ora la voi sentì Artemia…!!!”
Artemia, zì Lello, il peschereccio Argentario di “Genietto”, i ragazzi dello Sconcione, il motoscafo di Nestore Ungaro. Un giorno a banchina, lungo il Molo, furono perse le chiavi del Riva. Carlo si tuffò in una prolungata apnea. Le chiavi erano finite sul dentino del molo che percorrevamo “alla scalza” per fare “porpi” e gamberetti. Carlo e Peppe venivano in friggera da nonno che quando li vedeva gli si illuminavano gli occhi. Il giorno del palio ci radunavamo da Antonio il sarto e l’invincibile armata sfilava per il paese. Il giorno che passarono alla Croce, con un occhio ero alla Pilarella e con l'altro alla Croce. In un ottobre inoltrato, ritornavamo con il guzzo di zio Beppino,e al Moletto “Tarzan” si tuffava in acqua. Di lì a poco lui, Poseidone, veniva inghiottito dal suo stesso elemento …”.