sabato, Novembre 23, 2024
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It’s all about people

C'è sempre una prima volta. Il 15 Agosto 2011 per me è stata la prima volta che alle ore 19 (ora italiana) non fossi in zona molo, occhi puntati sullo Stadio del Turchese. O che almeno non lo fossi con il corpo. Andando avanti a modi di dire, proseguo con 'il mal voluto non è mai troppo'. É stata una scelta adulta e ragionata, consapevole che sarebbe stato un bel patimento stare lontano dal Palio e dai miei colori.

“Come l'hai vissuto questo Palio dall'estero? Perchè non butti giù due righe?” mi è stato chiesto qualche giorno fa. La verita è che in un certo senso non l'ho vissuto. Non mi fraintendete. Purtroppo è vero che quando si è lontani e non si respira l'aria del paesello alcune cose si vivono con un'altro ritmo, ma non necessariamente con diversa intensità. Non è la stessa cosa stare a chilometri di distanza. Non che uno non pensi al Palio, ma semplicemente non vive la quotidianità. L'amico che abbandona l'aperitivo per andare in curva, l'amica che va a farsi prendere le misure per il vestito, la striscia di motorini sotto La Pace intorno alle 8 di sera. Piccoli segnali di aria di Palio.

Quando sei lontana queste cose non le vedi. E non le respiri. Ma grazie ad Internet sei sempre informata e poi andare a controllare. Ma non prendiamoci in giro, non è la stessa cosa.

Il caso ha voluto che non fossi sola in questa saudade paliesca. Ho passato la mia estate a Londra e con me la mia amica Federica, che per quanto conosca da sempre, mi piace attribuire la nostra grande amicizia alla Pilarella.

Mi vengono in mente due momenti riferiti a noi e alla nostra estate cosidetta senza palio. Una sera me ne esco dal nulla con questa domanda “ma chi sono le madrine quest'anno?”. Lei sorridendo mi risponde “Sarà qualche 96-97 -riferendosi alla leva – Tanto non le conosciamo”. Consapevoli che stiamo invecchiando ci siamo fatte una risate e non ci abbiamo più pensato.

Il secondo momento è stato magico. Stavamo andando a vedere se non sbaglio il film Capitan America – film ridicolo, ma almeno i colori della bandiera americana ci hanno fatto sentire a casa – e Federica ha ricevuto un video sul suo iphone. Erano circa 20 alle 9, ore inglese, ovvero 20 alle 10 ora italiana. Sua mamma le/ci ha mandato in diretta qualche minuto di processione, ovviamente filmando il momento in cui passava la Pilarella al molo. Piccoli gesti, grandi emozioni.

Nella via del ritorno ci siamo riviste il video e sono andata a casa dispiaciuta che non sarei potuta andare con Ricca, Franchino, Chiara e tutti gli altri che non sto a nominare a fare gli striscioni quest'anno. Ci sono poche persone di cui mi fido quando si parla di Palio: un paio di ex capitani della Pilarella ed un paio di amici che il Palio lo hanno fatto. Ad uno di loro – non pilarellaio – chiedo un pronostico tramite sms. La risposta mi manda a letto tranquilla, serena e, soprattutto, ingarrita.

Il giorno dopo ho dovuto spiegare a tutti i miei colleghi perchè fossi così nervosa, continuavo a raccontare a tutti cosa fosse il Palio, cosa stesse accadendo in quelle ore nel mio village in the south of Tuscany. Lo ho detto anche al manager, per prepararmi il terreno per potere aver il break esattamente quando, secondo i miei calcoli, il Palio sarebbe quasi finito per sapere il risultato.

Il mio break slitta per colpa di un cliente. Break, salgo, chiamo mamma. Spero non risponda, vorrebbe dire che non sente il telefono perchè è sotto il Comune e c'è troppa confusione. I pensieri si accavallano. Risponde quasi subito. Beh ovvio – mi dico – sapeva avrei chiamato e stava con il telefono in mano. “Claudia – mi dice – è stato un Palio bellissimo. Ma siamo arrivati secondi. Hanno vinto di un soffio”. Ho pensato che mi stesse prendendo in giro. Ma era impossibile. Non ci potevo credere e ho pensato a mille cose in un momento. Pensavo ai ragazzi e le ragazze della Pila, a come sicuramente fossero tutti sotto il Comune, lato molo, ad accogliere i ragazzi come sempre, con appluasi e sorrisi. Ma come probabilmente stessero piangendo dentro. Il pensiero non è potuto che andare allo scorso anno, quando ero nella posizione di mia mamma e da sotto il Comune chiamavo Federica per dirle che avevamo vinto il Palio. Difficilmente mi mancano le parole, ma non sapevo cosa dire. “Claudia, ci sei?”. “Loro chi?” mi viene da chiedere. Non aveva ancora detto chi lo avesse vinto. E io non lo avevo ancora chiesto. Per me c'è un noi, gli altri vengono dopo. La gioia è grande se si vince noi, il dolore è grande se non si vince e ci si credeva. Poi chi ha vinto ha vinto, è di secondaria importanza se non siamo noi.

Lode ai vincitori, dunque. Tutti quelli con cui ho parlato nei giorni seguenti mi hanno detto che è stato un Palio spettacolare. Io non ho ancora avuto il coraggio di guardarlo, una foto girata su internet dell'arrivo mi è bastata.

Con il senno di poi, ricollego quella conversazione con mia mamma a quello che ho letto su Facebook nei giorni seguenti. Giovani e meno giovani pilarellai continuavano a ringraziarsi reciprocamente per quello che di bello avevano vissuto nei giorni precedenti, senza se e senza ma.

E dando i rispettivi crediti a chi lo ha scritto su Facebook quello che mi è più mancato è stato il cantare, il pensare, il ridere, il giocare con quei ragazzi e quelle ragazze, più o meno cresciuti, che tra vignate, striscioni, controtavolate e sfilate hanno fatto per me la storia del Palio, del mio Palio.

Perchè gente, ricordiamocelo, It's all about people. E voi, popolo rosso bianco blu, quest'estate mi siete mancati. Vi lascio una foto ricordo, una cena dell'estate 2010 tra giovani Pilarellai.

Forza Pila, sempre.

 

Claudia