Storie dell’altro secolo: Cantanapoli
“Linetta e Maruzzella”
Questa storia è già stata scritta sul forum molto tempo fa. Chiedendo in giro mi sono accorto che l’hanno letta ben pochi, perciò ho deciso di riscreverla riveduta e corretta.
Tutto ebbe inizio alla fine della guerra in quel pezzo di Molo che, i giovani di allora, sognando chissà quale paradiso balneare, chiamavano “Bagno Stella”. Si trovava nell’angolo dove le scalette del Moletto. Il magazzino oggi garage della Capitaneria era l’abitazione di Severina con tutta la tribù di figli e, nella barracchetta poi diventata la cala del fanalista c’era Clelia.
Clelia e la sua cantina. Probabilmente era quella l’unico passatempo dell’epoca. Gli uomini con le ferite ancora troppo fresche e con il disastro che il conflitto aveva causato davanti agli occhi cercavano di dimenticare davanti ad un quartuccio aspettando l’ora del rientro dei pescherecci. Tra gli afacionados come non ricordare il Guitto e Pietrone, vincitore dei primi nostri palii, due vere spine nel fianco di Clelia. Clelia era una donna minuta che camminava a piccoli ma rapidi passi. Si sposò con Augusto Borghini un giovane aretino giunto nel nostro paese alla fine dell’Ottocento. I due ebbero due figli, Nazareno e Palmira. Il primo fu un nostromo di lungo corso di quelli che “girarono il mondo”. Lo ricordo anziano godersi la vecchiaia sotto gli alberelli di piazza con il sorriso fra le labbra e sempre scherzoso con tutti.
Palmira era invece una delle dame di Via dei Tonni. Chi saliva il portone in quegli anni non può non ricordarla mentre faceva salotto con le altre cortigiane proprio fuori l’uscio di casa. Dopo che, il Borghini morì prematuramente, Clelia convolò in seconde nozze con un’altro signore di Arezzo, tale Francesco Tomei dal quale ebbe tre figli: Giannino, abile falegname con Lardò alla cava di Gigi Sclano, Gorizia e Lina. Dopo un pò di anni Clelià lasciò la barracchetta del Moletto e si trasferì al piano terra del Palazzo delle Campanare. Davanti al bar ormeggiavano le zaccarelle dei pozzolani che diventarono clienti fissi del locale. Fra di loro c’era un ragazzino di Ischia, magro magro, viso sveglio sul quale brillavano due occhi così azzurri che dovevano essere stati rubati nel fondo del Golfo di Napoli. Il suo nome era Gaetano. Gaetano Bottino. A quel tempo per combattere l’umidità di bordo i pescatori, Gaetano compreso, dormivano su dei materassi buttati in terra nelle macerie dal Sor Ettore (dove c’è Silva Souvenir). Il giovane passava ore ed ore a pulire i pesci alle scalette davanti al bar ed a conciare le reti sulla banchina, così che, guarda oggi, guarda domani si innamorò di Linetta. E Linetta di Gaetano.
I due presto si sposarono e Gaetano smise di andar per mare e iniziò a lavorare come friggeraio con la società dei “rossi” che era formata dal cognato Meco, da Zi Manfrone, Ettore l’Arrovito e Giannetto. Quando un giorno Clelia morì, la gestione del bar passo alla giovane coppia che iniziò a ringiovinire l’ambiente. Presto i due ebbero una bella bimba a cui diedero il nome di Maria, per tutti Maruzzella. Furono quelli anni indimenticabili per chi cresceva al Molo. Il boom. I panfili cominciavano a sostituirsi alle zaccarelle, il jet-set ai pozzolani. Il postale viaggiava carico di isolani che si prendevano casa alla Pilarella per permettere ai figli di studiare al Nautico e all’Enem. Erano gli anni di Totò e Peppino, di Eduardo, dei sabato sera in casa ad aspettare Scala Reale per vedere Pappagone che ci faceva sganasciare dalle risate “solo” perchè diceva “la carta didindirindà ” Ma tu volevi ‘a pizza ‘a pizza ‘a pizza cò ‘a pummarola ‘n goppa cò ‘a pummarola ‘n goppa, cantava Aurelio Fierro con la bombetta in testa al Festival di Napoli che, parole di Gaetano, era meglio di quello di Sanremo. Ed intanto Maruzzella cresceva ed assomigliava sempre più al babbo. Stessi occhi azzurri, stessa camminata. Era vivace, la più brava a fare le sanguzzate con la rincorsa presa dal marciapiede. Altro che Mario Vipera! Inutile dire che Gaetano era un grande tifoso del Napoli. Ma proprio grande grande. Per capirsi ai livelli di Consumi per la Juve. Da sentissi male. Quello era il Napoli di Pogliana Panzanato e Bean, di Didì Vavà Pelè sete la uallera di Canè. Poi improvvisa a metà anni ’60 arrivò l’estate dei sogni.
I partenopei in un colpo solo comprarono Sivori Altafini e del Mantova il portiere italiano più promettente. Un certo Dino Zoff. “Quest’anno scudetto!” gridava Gaetano. Per lui ogni estate il Napoli avrebbe vinto il campionato. Ma poi veniva l’inverno… E l’inverno non c’era nè Murdoch nè Sky. C’era solo Gaetano e la sua radio che trasmetteva i secondi tempi. Lui si accucciava con le orecchie attaccate all’apparecchio quasi volesse sentire per primo le grida per il gol che veniva dal Fuorigrotta. E noi tutti intorno. Solo Peppiniello se ne stava a sedere sulla porta, silensioso e pronto a dare contro a Gaetano se le cose non andavano bene per la loro squadra. Intanto Linetta seduta seminascosta dietro il banco pregava. Pregava si. Pregava perchè dall’esito della partita sarebbe dipeso l’andamento di tutta la settimana a venire. Al bar ed in famiglia. Altro che oroscopo o bioritmi. Contava solo il Napoli! Se vinceva era tutta una festa. La gente si affacciava sulla porta e gridava:” Gaetà CANTANAPOLI!”. E lui tutto contento sorrideva. Poi chiudeva presto e portava Linetta e Maruzzella a mangiare fuori. Ma se perdeva…Se perdeva erano c…i amari per tutti.
Gaetano diventava intrattabile, non mangiava, si chiudeva in se stesso. Aveva un sorriso ed una carezza solo per Maruzzella. Sarà stato per quei colori uguali ai suoi. Intanto gli affari andavano a gonfie vele, sopratutto per la posizione strategica, la quale faceva che i panfilisti ed i signori diventassero clienti abituali. Il locale sul finire degli anni ’60 prese il nome di “Grottino”, e per alcune estati vendette anche i giornali per conto di Enrico. Era meta di numerosi personaggi famosi, che il più delle volte passarono inosservati. Ricordo Walter Chiari, all’epoca un Fiorello di oggi ma in più un grande sciupafemmine, e poi Niki Pende e Stefania Sandrelli nei giorni che sbocciò il loro breve ma intenso amore ed Ornella Vanoni, il più bel culo della canzone italiana che a sedere ai tavoli si vide avvicinata da Secondo Mamone che, tutto premuroso le chiese:”Signora Milva, mi può fare un’autografo per la mia figliola. E lei senza rispondere, con un sorriso firmò il pezzetto di carta:” M I L V A “.
Inoltre d’estate era anche il bar preferito delle donne del Molo, Rosa, Grazia, Anna, Gianna, Filomena e tutte le altre. D’inverno la domenica dal Valle arrivava Gennaro De Simone, il babbo di Tonino, ad ascoltare le partite e tutte le mattine il primo era Franco in goppa al motorino. Portava i giornali. E si, perchè era l’unico bar che al tempo si poteva leggere il giornale. Ma non era nè la Nazione nè il Telegrafo, ma Roma ed il Mattino, con l’aggiunta di Sport Sud che Lavaggi faceva arrivare appositamente per lui. Per quanto riguarda il settimanale, che alcuni amici ricordano sia Cronaca Vera, non ci metterei la mano sul fuoco, perchè ora mi hanno fatto venire il dubbio, ma io credo che era Abc. E poi naturalmente c’era DuDù al tempo quarantenne e somigliante ad Ugo Pagliai nei panni di Edward Foster nello sceneggiato “Il segno del comando”.
DuDù, è risaputo, è stato sempre un cliente di Chiodo da quando era in fasce ma mi ricordo che tutti i mezzogiorno e le sere quando passava per andare a casa entrava e Gaetano era li pronto con il Camparino per il suo amico. Come lo faceva Gaetano il caffè non lo faceva nessuno. Sarà stata la mano napoletana. Era meticoloso e passava il panno sulla tazzina, mica come quelli di oggi (non parlo del Grottino) che ti buttono la tazzina li come la va la va. E la pulizia. Vogliamo parlà della pulizia. Sempre con lo straccetto in mano a lucidare il banco e le porte. D’inverno il bar chiudeva verso le sette e d’estate al massimo alle 11 anche se ai tavoli c’era ancora gente. Via via!!! Ma spesso Gaetano mollava tutto appena faceva buio e a passo svelto con il borsello di pelle con l’incasso della giornata sotto l’ascella se ne andava a casa.
Era un bravo giocatore di football e quando era nella settimana “di bona” si buttava nella mischia coi ragazzini a giocare sul molo. Era molto veloce. E poi “tacco, punta e…scannonata” che quasi sempre finiva in faccia alla Serpa che si era addormentato di fuori alla friggera. Soffriva molto di dolori reumatici e dava la colpa alle nottate passate a dormire nelle macerie delSor Ettore.
Nel frattempo Maruzzella si era fatta ormai donna e come la mamma si innamorò di un marinaio di Capitaneria che frequentava il bar. Faceva il fanalista, ragione per cui, sposatasi giustamente decise di seguirlo; cosicchè Linetta decise di vendere l’ esercizio al nipote Francesco che per alcuni anni lo gestì “controvoglia” insieme alla moglie Anna. Da diversi anni Gaetano non è più con noi, ma per fortuna è riuscito a vedere le magie di Maradona. Subito dopo il primo scudetto lo incontrai fuori da Enrico che leggeva il Corriere dello Sport con il foglio attaccato agli occhi. Era felice ma non come credevo. In fondo capii, che quello non era più il “suo” Napoli e che lui lo scudetto l’avrebbe voluto vincere con Totonno Juliano e Montefusco, con Improta ed Abbondanza, magari con “U Lione” in panchina, quel Louis Vinicio che una domenica lo fece piangere per una deblache, 6a1, contro la Juve al San Paolo. Ancora oggi, sebbene il Napoli frequenti i bassifondi della serie B, ogni domenica Linetta si siede in cucina ad ascoltare “Tutto il calcio…”e se il Napoli vince guarda la foto del suo Gaetano sulla mensola e con le mani davanti la faccia grida:” Gaetà abbiamo vinto!”. E passa un’altra settimana felice.
Il bar oggi è carino, giovanile. I proprietari ci sanno fare ma non chiude più alle nove come con Linetta e Gaetano, anzi non chiude proprio 24 ore orario continuato e poi Vinicio, Tronchetto, Giuntino, Robertino, Pallino, Panino…. . mavvaffanc. o!!!!!
Ohè!
Chi m’aiuta?
Si tu nun viene a m’aiutà?
Ohè!
pè tranente
s’affaccia ‘a luna pè vedè!
Pè tutta sta marina
‘a Procida ‘a Resina
si dice: Gurda llà
‘na femmena che fà!
Maruzzella Maruzzè,
t’hè miso ‘npietto ‘o mare
e m’hè miso ‘npietto a me
‘nu dispiacere.
‘Stu core me fai sbattere
chiù forte ‘e Uonne quanno ‘o cielo è scuro;
primma me dice sì,
pò doce doce me fai murì.
Maruzzella Maruzzè!
(Maruzzella- Renato Carosone)
Felice Pasqua a tutti.
ciao
Una rotonda sul mare il nostro disco che suona