Un amore impossibile by Giorgio Severi (12ª puntata)
Oltre ad essere della Lazio il ragazzo aveva anche l’abbonamento in curva Nord. Rimasero circa mezz’ora a parlare della prima squadra nata nella capitale. “Penso di trasferirmi quà per quest’inverno. Se una domenica pomeriggio mi viene voglia di tornare all’Olimpico ti faccio un fischio”. Lorenzo, figlio di Zoraido De Pirro, annuì sorridendo. La comunità dei filo-laziali stava aumentando in paese. Poi Rocco stava di casa proprio vicino al negozio e scambiare ogni tanto due battute con il romano sulla squadra del cuore nei giorni a venire, lo eccitava.
Le giornate passarono veloci. La vita all’Argentario era sempre la solita: mare, belle donne, tranquillità, divertimento. Rocco alternava un po’ tutto. Alcuni giorni s’informava sui posti dove poter stare qualche oretta in santa pace. Era stato al convento dei Passionisti, aveva visitato i forti a Porto Ercole e la fortezza in paese. Quando la curiosità si spingeva oltre aveva anche provato a raggiungere quelle torri di avvistamento di cui l’Argentario era zeppo, ma con scarsi risultati. Difficile era trovare gli stradelli nella macchia, altre volte le torri sembravano essere abitate e quindi inaccessibili. Erano, però, state quelle occasioni per conoscere più a fondo una terra di cui sentiva di far parte da una vita. Chissà, forse la madre Giovanna, nata e vissuta in Toscana nel senese, aveva qualche avo grossetano, magari santostefanese. La ricerca di questi luoghi tranquilli, trasportati nella quiete lontano dai motori delle macchine, lo aiutavano a riflettere su tante cose. trovarsi alla sua età con tanti grattacapi non lo aiutava di certo. Poi c’erano i momenti per svagarsi, soprattutto il fine settimana. Nei primi quindici giorni sullo scoglio aveva conosciuto tantissima gente. Alcune volte preferiva fare la Scalinata delle Mimose o Via Aia del Dottore ed evitare Grottino, Giulia e Chiodo. Passare di là voleva dire essere fermato da diverse persone e perdersi in chiacchiere da bar per ore. La sera, però, si poteva fare. Giontino, Robertino, Vinicio, Giannone se lo portavano con se una sera al King’s, un’altra alle Streghe. Ma anche i ragazzi del Grottino e quelli del Buco erano diventati grandi amici se pur più giovani di parecchi anni. Rocco riusciva ad entrare nei discorsi di tutti, a parlare allo stesso livello degli altri. L’esperienza di vita che lo contraddistingueva la lasciava da parte. E per questo le ragazze sapevano di avere davanti una persona che sapeva della vita avendolo provato sulla propria pelle. Spesso finiva la serata ad una tavolo di un bar qualsiasi o su una poltroncina della discoteca parlando con una bella ragazza dei problemi che questi aveva con il proprio fidanzato imbarcato su uno yacht o sulle cause che avevano portato alla rottura con l’ex ragazzo. Rocco aveva una parola per tutte. Non è che lui fosse stato escluso nella vita dal tourbillon del gioco dei sentimenti, ma l’età lo portava ad essere più comprensivo e a ragionare sedando l’istinto precario dei ragazzi.
Grazie a Michele Vaiani detto Pastarella, figlio di Marcello il pasticcere, si era procurato uno scooter. Un amico di Michele era imbarcato e sarebbe tornato ad ottobre. Il suo scooter era a disposizione, naturalmente in cambio di un noleggio. Per qualche euro Rocco avrebbe girato in lungo e in largo l’Argentario senza più aspettare autobus o camminare per ore sotto lo schiocco del sole. La mattina dell’11 luglio fece il solito tragitto: colazione da Giulia a base di cappuccino e cornetto, giornale all’edicola di Marco. Mentre passava di piazza vide quattro imbarcazioni sullo scivolo che dava sul mare con tanto di albero e bandierine colorate. Cosa poteva essere? In quei giorni aveva assaporato solo l’aspetto paesaggistico del promontorio, ma riguardo feste e tradizioni popolari credeva che in quel paese di mare non ci fosse niente di interessante. “Ma quelle barche là?”, disse al suo amico Marco di giornalaio. “Ma come? Non sai niente del Palio Marinaro?”
-continua-